Tante cose belle non hanno ancora raggiunto visibilità. In Lc 15 parla della gioia che c'è in cielo quando Dio ritrova i peccatori. Colpisce che dica: "Quando offrirà se stesso in espiazione, avrà una discendenza, vivrà a lungo". - vs 19: rispetto ai versetti precedenti, che descrivono la rovina (grandine, acqua, flagelli), al vs 19 sembra di capire che ogni mattina, giorno e notte si viene presi dal Signore. Per decidere se deprime o no bisogna capire che si innalza il livello: 1) la nostra vita è strappata dalla solitudine; 2) siamo in compagnia di Dio. Dobbiamo chiedere di essere condotti nel timore di Dio, da soli non siamo capaci. Un Dio attento che vede ed interviene in una condizione di grande solitudine: "non c'era uomo", non c'era intercessore. La preghiera è un grande atto di forza dei deboli, che però rimangono tali anche dopo la preghiera. - Il colore rosso dei paramenti oggi ci ricorda il sacrificio di 117 martiri avvenuto negli ultimi anni dell'800 e nei primi del 900 in Cocincina (attuale Vietnam), canonizzati nel 1988. La stanchezza sulle alture (vs 12) ancora richiama il culto degli idoli, la cui ricerca non può dare riposo (sono le vie del nostro orgoglio). Questi popoli tornano poi con doni più grandi che vengono da questa reggia. Lo scopo delle nostre preghiere deve sempre essere la richiesta dello Spirito Santo che Dio darà a chi lo chiede. Chiediamo perdono anche per tutte le volte che non abbiamo colto la presenza del Signore nei fratelli che ci ha messo accanto. Venendo a messa accettiamo di essere riconosciuti come progenie malvagia. Questo ci porta a leggere le parole di oggi del profeta Isaia, pur così severe nel sottolineare la nostra condizione di peccatori, nella pace e nella speranza. L'agnello per Israele è figura importante, Isaia ne parla come il servo del Signore. Poi al vs 30 c'è la voce del Signore ed il canto del popolo che è il modo di accogliere la Parola del Signore. Isaia. E' un servo amato. E tuttavia la tradizione ebraica non chiude il libro di Isaia con questa immagine fondamentalmente tragica. - vs 7: fra chi avviene il dialogo? - vs 1: colpisce il verbo "fasciare" che in ebraico significa "legare, cingere". Siamo qui per ringraziare Dio di questo regalo e per chiedere perdono per esserci lasciati distrarre dalle difficoltà della vita. L'opera di Dio è quella di rendere buono quello che è cattivo, luminoso quello che è nelle tenebre, dolce quello che è amaro. - Il tema di oggi è la notte. Oggi dice "aprite le porte ed entri il popolo giusto"; questo ricorda Gesù che entra dai discepoli dopo la Pasqua. - vs 17: la vulgata dice: "Porrò la visitazione come tua pace". Al vs 9 si parla di figli che non vogliono ascoltare la Torà. sembrano proprio fatte per la consolazione delle nostre anime. L'ultimo versetto, "non sarà espiato questo vostro peccato finché non sarete morti", può voler dire che il peccato non sarà mai espiato, oppure che con la morte si espia questo peccato. Ci sono due regalità: quella di Gesù e quella del re di Babilonia. I piccoli uccisi davanti agli occhi sono forte profezia di Gesù (volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto). - Il Signore ci svela pian piano il mistero del suo Cristo. Il chiedere un segno in queste situazioni è bello perché richiama San Paolo nella lettera ai Romani quando dice che né altezza né profondità ci possono allontanare dall'amore di Dio. Dove si deve arrivare? - Questo capitolo, molto noto, se viene letto in continuità con gli altri è ancor più prezioso. - La contrapposizione fra Babilonia e Gerusalemme: Babilonia qui è chiamata "perla" , ma la bellezza e la gloria di una città non sta nelle cose materiali, ma nel fatto che vi abiti il Signore ed il suo popolo. Siamo ancora dentro la memoria della domenica, della richiesta di Giovanni Battista di preparare le vie al Signore che viene. 17-11-00 Is 25, 1-12; 2 Pt 3, 14-18; Lc 9, 10-17 (Giovanni), Il Signore preparerà un banchetto di grasse vivande. Dio è il Signore di tutti, noi sappiamo che è il Padre di tutti, per cui la categoria del fratello, anche se è errante, è sempre vincente; anche se il fratello fosse indotto a fare del male, ancora di più bisogna tenerlo vicino. Dobbiamo avere sincerità: l'atteggiamento interiore importante è la sincerità nell'apertura al Signore, che apre alla carità. - Ciò che salva Ezechia dalla morte è il suo grande pianto. Nessuno è a posto, ma chi spera nel Signore riprende forza e tutti siamo invitati al grande banchetto di Dio. Dio è umanamente fragile, ma in questa fragilità c'è la sua vittoria. Dio è il Salvatore (vs 8); come già diceva al vs 1, la sua giustizia è la salvezza. Dio è molto piccolo, noi possiamo facilmente dimenticarlo, fare senza di lui. 27-10-00 Is 17, 1-6; Gc 5, 7-12; Lc 7, 1-10 (Francesco). Noi abbiamo la fortuna di poterlo leggere nella Passione ed anche nella liturgia. La morte del re è importante, su di lui si poneva la speranza e la sua morte stupisce. Il male interno al disegno di Dio, di cui Lui si serve (pensiamo alla passione) non ci deve preoccupare. Tutto il gran bene che Lui ci fa non è fatto nelle cose o in noi, ma avviene perché non ci lascia mai soli. Più accettiamo il contrasto, più siamo capaci di riproporlo nelle situazioni più chiuse perché la misericordia è una grande sapienza per far vedere che la liberazione di Dio è preparata anche per le prigionie più buie. Il significato del verbo che parla di venerazione della Parola forse si riferisce al fatto che la Parola nelle ore della giornata entra nella nostra storia ed allora timore e venerazione verso di lei sono adeguate. Oggi il nostro cuore si apre alla speranza dopo giorni in cui il Signore ci ha fatto vedere il nostro peccato. Chiediamo anche noi di essere accoglienti verso tutti con grande misericordia, guardandoci dal pericolo di voler giudicare. La gente non credente lo ha amato, ha intuito che in lui c'era la speranza. - Bello particolarmente il vs 1 che evidenzia il tema della vicinanza, con l'invito ad osservare la giustizia non basato sulle capacità dell'uomo, ma fondato sul movimento che Dio sta attuando verso di noi. La resurrezione è il respiro continuo della nostra vita. - vs 8: l'offerta di uno per tutto il popolo è molto significativa per i cristiani; è necessaria una preghiera continua e forte. Andando verso Dio si esce dall'alienazione e dall'isolamento, senza che si annullino le singolarità. Risalta il comando a tutta la creazione di cantare un canto di lode. - In riferimento ai testi biblici di oggi, bisogna sottolineare la genialità che ha portato alla scelta di queste scritture: nella festa di un vescovo viene esaltato un popolo. }����ʿ��Ӫ L'abbandono da parte di Dio è lo scandalo dell'elezione. C'è quindi oggi un legame molto forte fra dolore e amore e questa sofferenza fa diventare il servo più importante nei confronti di Dio e più potente nei confronti dei popoli. E' un'affermazione audace, ma Dio accetta questa preghiera, caricando su Gesù tutte le nostre colpe. Al vs 11 non è chiaro se parli dei pastori o dei cattivi, ma tutti si devono sentire interpellati. Anche oggi qua e là ci sono scintille di speranza per tutti noi: la prima parola "lingua di fuoco" ricorda il giorno di Pentecoste; lo Spirito Santo aveva questa forma e quindi quel fuoco, che poteva sembrare solo di distruzione, è invece di purificazione. Il nemico è distrutto; è il male che è in noi, il principe di questo mondo, che deve essere distrutto perché l'uomo sia liberato. Il Signore scompagina le cose: la soluzione è nel servo. Isaia ci parla della caduta di Lucifero dal cielo. Si può pensare che l'affamato sia Dio ed il vangelo ci insegna come consegnare la nostra vita al Signore: nella piccolezza. Bisogna fare attenzione al modo di comportarsi di Dio. Le tribolazioni che ieri ci portavano ad un sentimento di pazienza, di attesa e di speranza, oggi viene detto che sono occasioni per cercare il Signore. Terzo punto: Israele cosa fa? Il vangelo poi sottolinea che siamo tutti fratelli e figli. Anche al cap 13 si dice dei fuggiaschi di Babilonia che ritorneranno alla propria terra. E' una profezia di rovina e di desolazione, con spiragli di luce e di speranza alla fine del brano. Senza papa Giovanni noi non saremmo andati al Giubileo. Il libro di Isaia è un classico fra i libri profetici. Ringraziamo la Madre di Dio anche per la festa di ieri, quando ha presentato il suo bimbo ai fedeli dell'antica alleanza e, attraverso di loro, a tutti i popoli per la salvezza. Chiedere perdono per i nostri peccati oggi significa consegnare ogni interpretazione violenta del nostro pensiero e del nostro cuore, capaci solo di portarci alla solitudine. Dio si è nascosto nella semplicità nuova della vita umana, contro le divinità, i riti mondani che sono sempre molto festosi e terribili. Chiediamo al Signore che tutta la storia sia sempre più appoggiata alla comunione con Lui e fra noi. Associamo alla nostra celebrazione tutte le persone che ci hanno aiutato, anche durante la scuola della pace, a conoscere sempre meglio la grande figura di questo cristiano papa. Oggi siamo qui e Lui ci ripropone la vertigine di questa Parola nuova e tutto quello che siamo è creato continuamente da Lui in questo momento. Questo è proprio lo scadalo della fede: Gesù è lo sconfitto. Caino dice "sono forse io il guardiano di mio fratello?" In Isaia si parla della situazione negativa in cui si trova la terra, nel vangelo la terra è benedetta perché accoglie le gocce di sangue di Gesù. - L'immagine del germoglio presentata oggi da Isaia, è la più bella per esprimere la speranza che il nostro Dio misericordioso vuole riaccendere nei nostri cuori. C'è solidarietà. Dio è geloso, non tollera accanto a sè altre cose. "Ritornare" si trova al vs 7 (empio ed iniquo che se ritornano troveranno misericordia), al vs 10 (similitudine con la pioggia e la neve), al vs 11 (è la parola che esce dalla bocca di Dio che ritorna). E' questa parola che è al centro di tutte tre le letture di oggi. Ma è Pasqua: "Svegliati". "Voi non avete visto", a chi si riferisce? Già al cap 11 parlava del suo inviato che avrebbe percosso l'empio con la verga della sua parola. Tutti siamo piccoli e peccatori, ma tutti possiamo essere salvati, tutti possiamo piegare il nostro essere nella direzione dell'ascolto del Signore, dopo verrà tutto il resto. La parabola del fico che non produce frutto (domani è la Dom III di quaresima) è esemplare: Gesù ci prende in mano e ci cura. E' un testo formidabile nella sua evoluzione: nonostante il no dell'uomo, Dio compie ugualmente la sua opera. Ma, siccome c'è lui, va bene anche a noi. Attraverso il Profeta, Dio ci dice di essere unico e di non tollerare altri dei. Quando parla di falci, la radice della parola rimanda al canto ed agli strumenti musicali; forse vuol dire che alle arti marziali non si sostituisce solo la laboriosità, ma c'è anche un elemento poetico. Una grande grazia del Concilio è stata quella di rimetterci in cammino nella parola. Al vs 11 l'infedeltà dimostra che il Signore ci vuole bene. Da un popolo si passa ad una persona della quale viene descritto il modo di essere. Nel Salmo però sembra che il Signore ci dimentichi, mentre non è così nel brano d'Isaia di oggi. 53 del libro del profeta Isaia, che ci presenta il misterioso uomo dei dolori. Non si lascia intimidire dalla schiera dei pastori. Nel brano d'Isaia il Signore accusa il popolo di mancare proprio di questo cuore. Al vs 21 "Io ero priva di figli, sterile" denuncia solitudine, sterilità, abbandono ed è in questa situazione che vengono donati a Sion i figli. Sembra che il popolo sia lontano da sentimenti di questo tipo, invece il Signore proclama che siamo così. - Sorprende come il vs 10, dopo tutti i guai combinati, suggerisca solo che bastava dire "inutile" e lui è pronto ad accogliere di nuovo. - I poveri cercano, ma non chiedono; ed il Signore ascolta e non abbandona. ", o la Maddalena che lo scambia per il giardiniere, o i dicepoli di Emmaus che non sanno chi sia quel pellegrino e lo riconosceranno solo allo spezzar del pane; in Gv 21 non lo conoscevano e non osavano più chiedergli "Chi sei". Dobbiamo aver fede nella nostra condizione di figli amati da Dio. - Oggi, parlando del rapporto col suo popolo, il Signore usa parole molto severe (non sopporta più) perchè è un rapporto non vero. La croce è il trono di gloria e alla fine (vs 24) ogni gloria può essere solo lì dov'è la croce. Il calice dell'ira di Dio è tutto bevuto dal Signore nella sua morte. E' sottolineata la presenza oggi del Signore potente vicino a noi. Bisogna prendere atto che se c'è una possibilità che le cose vadano bene, questa si verifica solo se le prende in mano Dio. Il Signore dà lo spirito in abbondanza, per cui Israele è eletto non tanto per un'appartenenza carnale (vedi epistola), ma perché porta nella storia lo Spirito. In queste parole c'è tanta forza e profondità. La novità in cosa consiste? C'è anche una progressione del male che parte da contrasti fra fratelli, e si estende fino a generalizzarsi in regno contro regno. 26-9-00 Is 7, 1-9; Tt 1, 10-16; Lc 3, 10-18 (Francesco). L'uomo quando si innalza umilia se stesso: solo quando si abbassa nei confronti del suo Signore trova la via buona. Tutto si consuma nella croce del Signore; la nostra vita non è estranea a questo, è il mistero dell'eucarestia del Cristo che si compie in ciascuno di noi ed in ogni uomo: partecipazione allo "sterminio" del Figlio di Dio. Le parole ripetute vengono derise, però il Signore quello che vuole dire lo ridice in altro modo attraverso stranieri. Chiediamo al Signore di perdonare i nostri peccati, specialmente con riferimento a quelli riguardanti la modalità del nostro rapporto con Dio e con i nostri fratelli. Il Signore ha fondato Sion, in essa si rifugiano gli oppressi del suo popolo". 8-3-01 Is 56, 9-57, 2; 2 Co 10, 12-18; Lc 21, 34-38 (Francesco). - Colpisce che per descrivere la desolazione totale si parli proprio di bambini, mogli, case, pecore che sono le categorie più deboli, difese da Gesù nei vangeli. Anche noi siamo inadeguati. Poi c'è il verbo dell'amore. Questo sembra essere il cammino di tutti i cristiani: la Parola vuole mitezza e può portare alla persecuzione. 13-2-01 Is 48, 12-22; 2 Co 3, 1-6; Lc 18, 24-30 (Francesco). Chiediamo perdono per quando abbiamo vissuto senza speranza, travolti dall'angoscia di essere stati abbandonati. Tutti i progetti del giorno vanno sottomessi al voler bene. - Bisogna considerare anzitutto che il re d'Assiria ha fatto cose bellissime (vs 13-14). L'ipotesi alternativa è quella di un atteggiamento di umiltà, di attenzione all'opera di Dio in noi. Oggi c'è un "aimè!" - Il servo, del quale viene messo in evidenza (vs 7 e 8) l'aspetto di povertà, già visto ieri come persona in difficoltà, oggi viene descritto come reietto, abominio delle nazioni, servo dei potenti. Colpisce la stanchezza (Gerolamo traduce "molestia"): è la possibilità di portare la stanchezza fin dentro al mistero di Dio; è la stanchezza di Gesù all'ora sesta. - Quando il Signore dice cose che non ci piacciono brontoliamo, quando dice cose molto belle come oggi, non ci crediamo. Solo la preghiera mi può strappare dagli idoli, riportare alla mia libertà ed farmi rientrare nella verità. Abbiamo molto da imparare dal mistero della Croce, che ci coglie spesso alla sprovvista ed in difficoltà. Dal vs 9 c'è cambio di soggetto e si dimostra che c'è consapevolezza del peccato e quindi possibilità di ravvedersi per ricominciare da capo. Le sue vie non sono le nostre vie, ma c'è un tempo che viene. Israele poi, disperso fra le genti, a sua volta ha acquistato un grande patrimonio di ricchezze. E il cuore di Achaz e il cuore del suo popolo furono agitati, come gli alberi della foresta sono agitati dal vento. Questo vale per il nostro rapporto con Dio e fra noi. Evitare la presunzione di poter essere come Lui (idolatria di noi stessi), ma anche non scoraggiarci. Al vs 5 "la risparmierà" è il verbo della pasqua : "la salterà, passerà avanti". C'è quindi una misericordia preveniente (lume celeste). C'è continuità fra missione e grazia del consacrato e missione e grazia di tutti noi. Grandezza associata a debolezza, che ricorda quanto dice Gesù nel vangelo di Luca: il più grande è colui che serve. Anche Renato della casa della Costanza ieri è tornato al Padre alla luce di questa speranza. - "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato"; queste parole del brano di oggi descrivono come, spesso, nel cuore dell'uomo nascano sentimenti di disperazione. E' una città aperta, in pace, accogliente, fedele (in ebraico "stabilità", in greco "verità"). è una rovina per la salvezza. Sia il brano dell'epistola che quello del vangelo ci aiutano a capire il passo del profeta Isaia che ci parla degli idoli e, in particolare, dell'idolatria di noi stessi che ci toglie dalla quiete e dalla comunione con Dio. I Salmi storici quando parlano della prigionia di Giuseppe parlano di spranghe che devono essere abbassate (o alzate). Forse c'è associazione, come nel nostro mondo occidentale, fra potenza, ricchezza, scambio di merci ed informazioni e la mancanza di fecondità. non pensa di risolvere la situazione potenziando il suo esercito o alzando mura più alte, ma si affida a Dio. E' sempre il tema della Pasqua. di Giuda, di Ponzio Pilato? Chiediamo perdono per tutti i nostri peccati e per le nostre debolezze che ci sono ricordate dalle spine del brano evangelico di oggi. - vs 18: è interessante l'invito di Dio al dialogo. Invece il popolo dei malati può perché c'è la salvezza che è tutta donata. Prega, ma non come noi che in genere chiediamo che Dio faccia qualcosa per noi. Le condizioni sono: ascolto umile e mite della sua Parola, desiderio di pentimento e di conversione. Il popolo verrà strappato: è vero che c'è la resurrezione, ma ci sono dei passaggi che ci fanno capire che sono nel sepolcro. Nel vangelo è importante che il Signore venga ed apra e chiuda la Parola: la Parola si è adempiuta nelle nostre orecchie. Forse il profeta, a cui Dio nasconde il volto, ma allo stesso tempo dà la forza di sperare. Bello al vs 21 "i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te"; è una voce che ti guida, ma non si impone e ti segue quasi sommessa. Sono parole usate per descrivere l'eletto di Dio nei canti del servo; oggi sono parole estese a molte persone, quindi la predilezione di Dio si estende a molti. Questo non ci sottrae alla responsabilità e alla vertigine di questo rapporto, ma è importante che ci possiamo mettere nelle braccia di Gesù. Anche Giacomo ed il vangelo inseriscono oggi il mistero della sofferenza dentro il più grande disegno di Dio per noi. Si tratta del rapporto fra Israele e le genti, c'è qualcosa di misterioso che qui è adombrato. In Gesù c'è un compito affidato ad ogni uomo. Dare a Cesare quello che è di Cesare (brano del vangelo) è il contrario di un'equa divisione fra Cesare e Dio, perché dando a Cesare il suo denaro vuol dire sbarazzarsi di lui, per poi dare tutto quello che si è a Dio. Il perdurare della nostra tristezza e dell'ombra di morte deriva dalla contaminazione del mistero; bisogna cercare atteggiamenti filiali, non dibattiti su chi ha ragione. Quindi non è un salario secondo i meriti, ma secondo il suo cuore. Nella parte centrale c'è l'emergere dell'inviato di Dio, "uno che io amo", che compirà il volere del Signore ed al quale Dio farà andare bene tutte le imprese perché sarà accompagnato dal suo Spirito. Al vs 2 "massacro" in greco è "sgozzato" espressione che nell'Apocalisse è applicata all'Agnello. La sua Pasqua è il grembo della misericordia di Dio e la sua Passione sono le doglie del parto per un'umanità nuova e riscattata. - Il vangelo può illuminare il brano di oggi anche perché al vs 13 dice "Io sono il tuo Dio e ti tengo per la destra", così come nel vangelo Gesù prende per mano. Sono giorni in cui il destinatario femminile è molto presente, è un invito a considerare la nostra relazione con Dio come quella dell'umanità sposa del Signore. 7-9-00 Is 1, 1-9; 2Tm 1, 1-5; Lc 1, 1-4 (Francesco). Tutto questo si confronta con la legge, rappresentata dai personaggi de vs 18, chi conta e registra (nei LXX è lo scriba), persone nemiche di Gesù perché parlano di una salvezza che si ottiene attraverso i conti perchè Dio sarebbe un giudice contatore. La parola ci insegna a tenere tutto insieme e fanno male i beffardi che sfidano Dio a mostrarc la sua gloria e la nostra gioia. Anche se mettiamo in atto tutte le nostre capacità di fare, se Dio non si rende presente tutto è inconoscibile e inadeguato. C'è il comando del Signore di alzare la voce. - vs 1: la dispersione: richiama da una parte Babele e dall'altra i discepoli che vanno in tutto il mondo a predicare. Richiama il tema patristico di una chiesa tutta immacolata pur essendo formata da maculati (S. Ambrogio). Più avanti si parlerà di una quiete buona che sorge dallo Spirito di Dio, anche se dopo una situazione desolata. - Affidiamo a San Bruno la nostra Eucarestia e tutta la nostra vita cristiana. La dispersione ricorda quella di Babele (Genesi). Con la resa inizia la fede. C'è molto la lode al Signore, non solo il ringraziamento per avergli prolungato la vita, bisogna stare con lui. Chiediamo perdono per tutti i nostri peccati, particolarmente per aver ceduto alla tristezza e alla lamentela. - Bello che Dio sia invocato come Dio vivente: Lui è entrato nella nostra vita, capisce tutto di noi, ha viscere di misericordia e cuore pieno d'amore. Sarà una Città che uccide i suoi profeti, che odia, insulta deride. Confessiamo al Signore i nostri peccati e le nostre prigionie e chiediamogli la liberazione, per noi e per tutti. Oggi il cap 57 di Isaia ci restituisce il volto della sacra liturgia come liturgia dell'amore. Siamo quindi invitati a leggere e rileggere questa parola per cogliere la buona notizia. - A proposito del vessillo: in ebraico dice che esso è elevato sul monte Calvo (richiamo del Calvario); anche il grido e l'agitarsi delle mani riportano alla Passione. - Questi versetti sono il riassunto di una vita: quella del servo. Si coglie anche l'indicazione di come fare per renderlo vero: ci vuole un mutamento di direzione. Qui ci è garantito il pane del Signore. Dentro questa santa convocazione contempliamo il mistero della Pasqua, nella quale si compie tutto il disegno di giustizia di Dio. - Affidiamo la nostra eucarestia all'intercessione di San Giovanni Crisostomo, Padre della Chiesa, molto importante perché è punto di comunione fra le Chiese d'Oriente e d'Occidente (che il Concilio definisce Chiese sorelle). All'inizio dice: "Che cosa dalla notte? Nello stesso tempo ci viene offerta una luce di speranza. Chiediamo perdono per tutte le volte che abbiamo lasciato cadere la fiducia. Le prime aiutano a scoprire l'opera eterna di salvezza di Dio ed a mostrare la caducità delle seconde. L'ascolto della parola di Dio va considerato superiore a tutto ciò che la nostra presunzione pensasse di potergli offrire. Oggi riceviamo la beatitudine dei poveri e non dobbiamo lasciarci vincere dal desiderio di ricchezza. Il vangelo ci illumina anche riguardo al nostro rapporto con questa comunicazione di novità: le ipotesi negative sono o rimanere insensibili nella nostra tristezza perché sono parole al di sopra delle nostre esperienze, oppure rifiutarla con scetticismo, perché troppo lontane da una lettura "obbiettiva" della realtà. La voce: c'è una rivelazione di Dio che, a partire dalla sua parola, passa per tutto il creato. Dio ci continua a chiamare alla festa della vita da tante lontananze e oscurità. Introduzione, traduzione e commento è un libro a cura di A. Mello pubblicato da San Paolo Edizioni nella collana Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali: acquista su IBS a 42.10€! La profezia finisce in modo molto severo (vs 24) tanto che nella sinagoga dopo il vs 24 rileggevano il vs 23 per non terminare la lettura del libro con questo terribile avvertimento. Consola che da Tommaso Gesù sia ritornato, perché, nonostante il nostro peccato, ci ama. - Un'espressione bellissima per la festa degli angeli custodi è ricordare che, attraverso di loro, Dio ci prende per mano. - vs 12: "Non chiamate congiure". La Parola viaggia, entra nei nostri pensieri, nei dubbi, nel lavoro, nella noia dell'esistenza; il problema si fa delicato. Siamo nelle tenebre da molti giorni, con sventure grandi per il popolo e oggi finalmente il popolo ha visto una grande luce. - Sempre al vs 7 c'è per due volte "non aprì la sua bocca". Nella misura in cui Israele accetta la piccolezza e l'umiltà, c'è la possibilità di un rapporto riconciliato con le genti. Oggi servo ha il significato d'appartenenza, non di schiavitù. - vs 19: colpisce che il Signore dica: "Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"