[61]», Questa concezione assolutamente negativa è stata considerata eccessiva e contraddittoria da molti commentatori (ricordiamo che Leopardi non completò mai difatti l'Inno), ad esempio Giovanni Papini, secondo cui Leopardi non vi aderisce davvero filosoficamente, permanendo in lui un germe di speranza. [59] Questi ragionamenti trovano spazio anche nelle Operette e nello Zibaldone[60]: «Tutto è male. [102], Sul tema della contemplazione della vitalità dell'universo sono state rilevate analogie anche col poeta romantico inglese Percy Bysshe Shelley,[103] il quale affermava l'esigenza di «sollevare il velo che nasconde la bellezza del mondo» dando voce alla poesia,[104] per riuscire a placare il proprio animo tormentato. Pensiero di Leopardi: pessimismo e teoria del piacere. Significativi sono, a questo proposito, alcuni versi in conclusione del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (vv. Durante il periodo del silenzio poetico (1823-1828), Leopardi si dedicò al tema dell'inevitabile sofferenza tipica del genere umano, nella quale le illusioni infantili vengono frantumate dalla dura realtà. Alessandro Tortoreto, Manzoni e Leopardi, in Aevum, vol. ec. [18], Leopardi giunge così a considerare il dolore come il frutto negativo dell'evoluzione storica: lo sviluppo del sapere razionale ha negato a tutti gli uomini quella spontanea e libera immaginazione che permetteva di trovare conforto al dolore. [27] Per il poeta (che non rinnega comunque la sua dottrina sul piacere come "attesa" e "assenza di dolore"), la natura, che ora viene considerata maligna, dopo aver generato un uomo, tende a eliminarlo per dar luogo ad altri individui in una lunga vicenda di produzione e distruzione, destinata a perpetuare l'esistenza e non a rendere felice il singolo. In che opera, per chi, per qual patria spenderò i sudori, i dolori, il sangue mio?». Lo Zibaldone di Leopardi: analisi, struttura e spiegazione del diario del pensiero poetico e filosofico del poeta recanatese con appunti, riflessioni e aforismi.…, Letteratura italiana — Ma il pessimismo, che troppo spesso si attribuisce a Leopardi è di fatti solo un’etichetta, Già si avvicinerebbe di più a definire il suo pensiero un concetto come quello di nichilismo – ma in senso filosofico, non emotivo. Essa appare intimamente connessa agli aspetti del pensiero dell'autore, ovvero alle sue posizioni filosofiche, alla sua concezione dell'uomo e della società, alle esperienze di vita attraverso le quali si è formato. La felicità, dunque, è più facilmente trovata dai fanciulli che riescono sempre ad immaginare e perdersi dietro ogni "bagattella", ovvero riescono a distrarsi con ogni sciocchezza. Il filosofo vero, però, perdona quando è necessario, in quanto molti errori umani derivano da negligenza, superficialità e ignoranza, più che da vera malvagità[121][122], e può capitare che da un grande male esca un bene. Il suo pessimismo ha una matrice filosofica nel materialismo del Settecento derivato dal razionalismo dell'Illuminismo, oltre che nelle sue riflessioni personali. L'Infinito è un chiaro esempio della vocazione poetica leopardiana; il sentimento dell'indefinito è sollecitato molto dal paesaggio circostante, non indicato con precisione, ma attraverso attributi vaghi e indefiniti. Non così anticamente dove il fine principale dell’esiliare, era il gastigo dell’esiliato. Esso presenta alcune analogie con il contemporaneo pensiero di Schopenhauer e con l'esistenzialismo successivo, a partire da Nietzsche, anche per la ricerca di un senso nascosto dell'esistenza, che pure è pensato razionalmente come inesistente, la sfida titanico-romantica al «brutto poter che ascoso a comun danno impera»[10] in nome della propria nobiltà intellettuale e d'animo, e la sensibilità acuta per la precarietà e la fragilità dell'essere umano, dei viventi preda di una feroce selezione naturale, e in generale di ogni cosa esistente. [145] Molti hanno negato che fosse vera filosofia, ritenendola piuttosto un insieme di pensieri, pur apprezzandone spesso la forma letteraria, specie la poetica, riconoscendogli onestà intellettuale e solo talvolta encomiandone le idee; tra costoro si annoverano Francesco de Sanctis, Niccolò Tommaseo, Alessandro Manzoni, Giovanni Papini, Filippo Tommaso Marinetti, Benedetto Croce, Giovanni Gentile; quest'ultimo fu peraltro uno dei primi rivalutatori delle Operette, elogiandone l'aspetto filosofico, definito nel saggio Manzoni e Leopardi in accordo con la poesia leopardiana. Esse possono essere seguite attraverso le pagine dello Zibaldone e si manifestano con evidenza nei testi letterari, come i Canti e le Operette morali. ), privo quindi di ogni validità generale. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Basta considerare l'effetto che produce sopra i lettori della storia il carattere dei principi cristiani scellerati in comparazione degli scellerati pagani, e così dei privati, dei Patriarchi, Vescovi, e monaci greci (V. Montesquieu Grandeur ec. [98] Secondo Anna Clara Bova, ad esempio, Leopardi «affronta nella sua complessità il problema di una spiegazione dell'animazione, e cioè della vita, in quanto differente dall'esistenza inorganica, misurandosi così fino in fondo con il vitalismo romantico».[99]. Quanto più la materia del ridicolo è seria, quanto più importa, tanto il ridicolo è più dilettevole, anche per il contrasto ec. Riassunto su Giacomo Leopardi: conversioni, pensiero filosofico, tematiche, fasi del pessimismo, classicismo, illusione, fasi delle poesie, Zibaldone, canti, canzone, Operette morali, Infinito, Alla luna, A Silvia, Il sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta, La ginestra e Il dialogo della natura e di un islandese, Letteratura italiana — Controversa è l'ispirazione da Immanuel Kant e da Schopenhauer, dato che non si sa se egli lesse le loro opere (anche se cita il nome del primo nello Zibaldone[11]). Questa contrapposizione emerge, ad esempio, nel canto La sera del dì di festa e, con qualche incrinatura[15], nella canzone Ultimo canto di Saffo. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. In questa fase non ci sono reazioni titaniche perché Leopardi ha capito che è inutile ribellarsi, ma che bisogna invece raggiungere la pace e l'equilibrio con sé stessi, in modo da opporre un efficace rimedio al dolore. Domande e risposte su Leopardii per la preparazione ad una interrogazione/compito in classe. Seppur vedendo il nazionalismo, soprattutto inglese e francese, come espressione di odio per lo straniero[75], giudica positivo il sentimento patriottico e l'attaccamento alla propria città manifestato dagli antichi: «Chi vuol vedere la differenza fra l’amor patrio antico e moderno, e fra lo stato antico e moderno delle nazioni, e fra l’idea che s’aveva anticamente, e che si ha presentemente del proprio paese ec. [33], Illusioni sono la felicità (o piacere) e l'infinito a cui l'animo tende naturalmente. La gravità della pena d’esilio consisteva nel trovarsi l’esiliato.[76]». [42][43] Leopardi sviluppa quindi una visione meccanicistica e materialistica della natura, una natura che egli con disprezzo definisce "matrigna".[44]. [...] In quei canti veramente divini il Leopardi trasformò l'angoscia in contemplativa dolcezza, il lamento in musica soave, il rimpianto dei giorni morti in visioni di splendore.». ec. Il notes magico, 2004; cfr. [26][27], Anche l'occupazione (che può essere considerata la soddisfazione continua degli svariati bisogni che la natura ha fornito agli uomini) è una condizione che porta una temporanea felicità nella vita dell'uomo. Il pensiero e la poetica di Giacomo Leopardi sono caratterizzati dal pessimismo, l'aspetto filosofico che caratterizza tutto l'evolversi delle idee e degli ideali del poeta e filosofo italiano, assumendo nel tempo connotazioni diverse. Quaderni d'italianistica: Andrea Mariani, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Pensiero_e_poetica_di_Giacomo_Leopardi&oldid=117177876, Template Webarchive - collegamenti all'Internet Archive, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Il pessimismo filosofico di Leopardi ha le sue origini nel materialismo e nel sensismo del Settecento (d'Holbach, Condillac) derivato diretto dal razionalismo propugnato dall'illuminismo, dall'atomismo greco e dal pessimismo mostrato da alcuni autori antichi, come Omero e Lucrezio, con qualche influsso del romanticismo. Che Leopardi sia poeta nessuno l’ha messo in discussione. [13] (Un(incontro(con(Gaspare(Polizzi,(storico(del(pensiero(filosofico(e(scientifico(! Scienza(e(filosofia(della(natura(in(Leopardi(((! [32], conseguenza del nulla, come un senso di estraneità alla vita, pur essendo comunque il "più sublime dei sentimenti umani", in quanto provarla è segno di possedere uno spirito superiore ed elevato, a cui non basta il mondo materiale per essere soddisfatto. Svegliatevi alla verità, uscite dal mondo falso: questo è il canto mattutino del gallo silvestre. «Fra Meraviglia e sdegno, / dall'Eden odorato in cui soggiorna, / rise l'alta progenie, e me negletto / disse, o mal venturoso, e di piaceri / o incapace o inesperto, il proprio fato / creder comune, e del mio mal consorte / l'umana specie. Se il ridicolo cade sopra bagattelle, e sopra, dirò quasi, lo stesso ridicolo, oltre che nulla giova, poco diletta, e presto annoia. Il pensiero leopardiano e la sua poetica sono strettamente legati alla sua formazione classicistica, latina classica, greca antica e in seguito anche illuministica. La contraddizione tra panteismo e nullismo, tra «filosofia del sì» e «filosofia del no»,[100] tra anelito alla vita e disillusione, era del resto ben presente allo stesso Leopardi, e si riflette nel contrasto tra il sentimento che affiora nella sua poesia, spingendolo a credere nelle «illusioni» e lusinghe della natura, e la razionalità presente nelle sue riflessioni filosofiche che invece le considera vane, negando ad esse qualunque contenuto ontologico. Appunto di filosofia sulla teoria di Freud: lo sviluppo psicosessuale del bambino, i lapsus che rappresentano l’inconscio che emerge, e la pulsione. Nello Zibaldone Leopardi annota le proprie riflessioni circa il linguaggio adottato nella poesia: egli scrive di adoperare "una lingua per i morti", sottolineando l'uso di parole arcaiche, desuete, fuori dal loro contesto. I più letti: Back to school: come si torna in classe| Mappe concettuali |Tema sul coronavirus| Temi svolti, Letteratura italiana — E conchiudo che senza amor nazionale non si dà virtù grande.». [149], Il pensiero leopardiano è stato anche definito "pensiero poetante", dal titolo di un saggio di Antonio Prete, che riprende la metafora usata da Martin Heidegger per descrivere la poesia di Friedrich Hölderlin, e in questa veste è stato anche analizzato a fondo da Emanuele Severino nell'opera Il nulla e la poesia.[150]. [18] Nel mondo moderno queste illusioni sono però andate perdute perché la ragione[19] ha smascherato il mondo illusorio degli antichi e rivelato la realtà nuda. Così a scuotere la mia povera patria, e secolo, io mi troverò avere impiegato le armi dell'affetto e dell'entusiasmo e dell'eloquenza e dell'immaginazione nella lirica, e in quelle prose letterarie ch'io potrò scrivere; le armi della ragione, della logica, della filosofia, ne' Trattati filosofici ch'io dispongo; e le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando.», Tra le contraddizioni apparenti di Leopardi, il fatto che la sua sfiducia nel progresso si risolve spesso in una critica attiva e non davvero sfiduciata o rassegnata come vorrebbe una visione nichilista (l'abbandono delle illusioni non è mai definitivo), fino all'adesione ideale, anche se sempre disincantata, al movimento risorgimentale, e alle sue manifestazioni letterarie di patriottismo, ben evidenti nelle canzoni All'Italia e Sopra il monumento di Dante (con forti influenze di Foscolo e Alfieri), oltre che in vari passi dello Zibaldone.[71]. perché di tanto Analisi della biografia, della poetica, del pessimismo, della filosofia.…, Letteratura italiana — Questi contributi, tutti contrassegnati da una decisa matrice ideologica, individuano una linea "eroica" del pensiero leopardiano (L. consapevolmente eroico di fronte al proprio destino), pensiero che, non elevato al rango di filosofia, non è più un ostacolo alla poesia, ma piuttosto il suo vitale nutrimento. [86] Nella canzone La ginestra e ne I nuovi credenti, prende di mira decisamente e in maniera sarcastica lo spiritualismo cattolico, schierandosi con il materialismo ateo illuminista, in quanto la ragione, pur svelando la dura realtà, è ritenuta meglio degli inganni della natura e della religione. [87], L'uomo è inoltre in balia di un destino più forte, e non può sottrarsene ma deve accettarlo ("amor fati"). Tutti questi temi polemici, con l'aggiunta del tema solidaristico, verranno ripresi nella Ginestra. Lo Zibaldone è la chiave per comprendere come al centro dell'opera di Leopardi appaia costante la tematica del dolore esistenziale, sfociante nella sua visione pessimista della vita. Poiché, grazie alla facoltà immaginativa, l'uomo può figurarsi piaceri inesistenti e figurarseli come infiniti in numero, durata ed estensione, non bisogna stupirsi che la speranza sia il bene maggiore e che la felicità umana corrisponda all'immaginazione stessa. La poesia d'immaginazione è caratterizzata dalle civiltà antiche, poiché fantastica. Le fasi del pensiero e della poesia di Leopardi 1817-1823 Prima “conversione”: dall’erudizione al bello. Questo, nei confronti del lettore, dovrebbe stimolare un forte senso di immaginazione, dominata da un paesaggio surreale. Un punto forte di contatto del nichilismo di Leopardi si trovano anche: nella concezione cosmicista di H.P. [156], Sono una raccolta di pensieri e aforismi, sui tipici temi leopardiani come noia, amore e morte. Alfin per entro il fumo / de' sigari onorato, al romorio / de' crepitanti pasticcini, al grido / militar, di gelati e di bevande / ordinator, fra le percosse tazze / e i branditi cucchiai, viva rifulse / agli occhi miei la giornaliera luce / delle gazzette». 15(gennaio,ore18.00 Al marchese Gino Capponi, e nell'ultima lirica composta, Il tramonto della Luna. Il dolore diviene dunque strumento di conoscenza in quanto fonte di una riflessione che accompagna tutta la vita del poeta. 310 relazioni. Il cuore rifà la vita che l’intelletto distrugge". Non c'è dunque spazio per l'ottimismo della ragione, dal momento che questa volontà di vivere sfrenata e arbitraria è causa di sofferenza; questa è paragonabile al concetto leopardiano di natura. A questo proposito, l'idillio L'infinito è paradigmatico della poetica che si suole definire "idillica". «Dunque la natura, la esistenza non ha in niun modo per fine il piacere nè la felicità degli animali; piuttosto al contrario; ma ciò non toglie che ogni animale abbia di sua natura p. necessario, perpetuo e solo suo fine il suo piacere e la sua felicità, e così ciascuna especie presa insieme, e così la università dei viventi. [14], Tra le cause del pessimismo individuale si possono annoverare le seguenti:[16], Leopardi con gli anni allarga la sua riflessione, tendendo a valutare che la felicità degli altri è solo apparente, che la vita umana non ha uno scopo per il quale valga la pena di lottare, e che tutti gli uomini sono condannati all'infelicità terrena. Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell’altro ha più foglie secche; quest’altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Cfr. INTRODUZIONE AL PENSIERO FILOSOFICO INTRODUZIONE AI PARALIPOMENI INTRODUZIONE ALLE OPERETTE MORALI OPERETTE MORALI: TESTO COMPLETO. La natura assume così l'aspetto di una madre sadica, che genera le sue creature per vederle soffrire. Riassunto su Giacomo Leopardi: conversioni, pensiero filosofico, tematiche, fasi del pessimismo, classicismo, illusione, fasi delle poesie, Zibaldone, canti, canzone, Operette morali, Infinito, Alla luna, A Silvia, Il sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta, La ginestra e Il dialogo della natura e di un islandese Giacomo Leopardi, riassunto: vita, pensiero e opere. 45, nº 3, 1º maggio 1971, pp. Leopardi considera felice lo stato d'animo dell'uomo e ritiene che la natura riesca a mediare la condizione di infelicità a cui l'uomo è destinato. I rimedi alla noia, secondo Leopardi, sono il sonno, l'oppio e il dolore stesso, oltre che l'arte, il perdersi nel mare infinito del proprio pensiero (o in un istante senza pensiero alcuno). 1833-1835), dio del Male nel Mazdeismo persiano, di cui afferma essere stato il maggior predicatore, e al quale chiede l'unico bene che si possa desiderare dalla vita: la morte. [50][51] La concezione della Natura spietata è molto simile anche a quella che si trova nei poeti inglesi Alfred Tennyson[51][52][53] e Alfred Edward Housman. [133] Per entrambi rimane una speranza, ossia che gli uomini, contro la loro stessa natura umana e contro la legge meccanica della Natura, possano resistere grazie ad una morale solidaristica di fondo.[134]. Lovecraft[69] (che pure probabilmente non conosceva l'opera leopardiana), improntata al pessimismo cosmico, al materialismo e al malteismo: come la Natura e l'Arimane di Leopardi, le divinità lovecraftiane sono crudeli o insensibili; e con il pensiero filosofico di Eduard von Hartmann. Il pensiero di Leopardi è predominato da un pessimismo per l’infelicità dell’uomo. In questo dialogo la Natura si mostra del tutto indifferente alla sofferenza dell'uomo, che è soltanto un elemento del ciclo universale di produzione e distruzione. Egli approfondì anche tematiche scientifiche. Leopardi reputa proprio la sofferenza la condizione fondamentale dell'essere umano nel mondo, arrivando perfino a dire che “tutto è male”[46]. e ancora, accusando di ipocrisia il cristianesimo: «Si può osservare che il Cristianesimo, senza perciò fargli nessun torto ha per un verso effettivamente peggiorato gli uomini. Vera poesia è l’idillio, che è mera espressione del sentimento; l’elemento raziocinante è un ostacolo, un pericolo, dal quale il poeta non riesce sempre a guardarsi nei "piccoli idilli", quasi più nei Canti scritti dopo il ’30.Benedetto Croce riprende la contrapposizione, ma restringe ancor più il campo poetico: la poesia del recanatese gli sembra oscillare tra filosofia e letteratura, quasi mai riuscendo a tenere la rotta mediana (di qui la sua sostanziale e netta stroncatura).Una nuova linea, che rivaluta L. filosofo, è aperta nei decenni tra le due guerre. Che questa tesi, nata dal livore clericale di Niccolò Tommaseo, ripresa poi dai positivisti alla Sergi e infine rintuzzata da Benedetto Croce, sia da respingere, non c’è dubbio. [6][34][35][36][37], Secondo Leopardi l'umanità poteva però essere più vicina alla felicità nel mondo antico, quando la conoscenza scarsa lasciava libero corso all'immaginazione; nel mondo moderno, invece, la conquista del vero ha portato l'immaginazione ad indebolirsi già nella seconda fanciullezza, fino a sparire del tutto negli adulti, al punto che la vita felice è preferibile alla vita lunga. Leopardi abbandona lo studio “matto e disperatissimo” e decide di tradurre in poesia le sue emozioni, facendo tesoro però del bagaglio di bellezza stilistica e di immagini che aveva preso dall’arte classica. Giovanni Gentile, che legge L. con interessi filosofici, nell’intento di rivalutare le Operette morali, arriva ad affermare che L. è autentico e grande filosofo. Esso viene cercato soprattutto grazie alla sua facoltà immaginativa che può concepire le cose che non sono reali. [56], «Il principio delle cose, e di Dio stesso è il nulla[57]». Quasi nello stesso tempo l'uno creava la metafisica e l'altro la poesia del dolore. La poetica rappresenta l'insieme dei principi e degli obiettivi che guidano l'attività creativa (temi, linguaggio, destinatari, finalità) del poeta recanatese. Pur affermando che, non avendo conoscenza al di fuori, non si può dire che questo sia "il peggiore dei mondi possibili", Quest'ultimo ha notevoli somiglianze, nel pensiero filosofico, con le idee di Leopardi; Cioran considerava Leopardi un "fratello d'elezione". Voltaire, come Leopardi[130], rifiuta di affermare che una situazione generale è felice se la maggioranza di coloro che ne fanno parte è composta di individui che sono infelici. Nel culmine del suo pessimismo Leopardi, raggiunto ormai il nichilismo, scrive anche un inno al Male, l'Inno ad Arimane (ca. [...] Il perché l'ha trovato Schopenhauer con la scoperta del Wille.», Schopenhauer, riprendendo Kant, sostenne che l'essenza del noumeno è proprio la volontà. L’ironia, il comico, il "ridicolo" di Leopardi si collocano sempre entro una dimensione di agonismo etico ed intellettuale, propria di un soggetto che mira senza posa all’autentico e alla verità e che, proprio per questo, vive in un “attrito” profondo con la società e la cultura del proprio tempo. (Firenze, 1957) per il tentativo di spiegare tutto il percorso intellettuale del poeta alla luce del motivo eroico-titanico.Infine, entro l’ambito di una critica prevalentemente stilistica si sono mosse le ricerche di Bigongiari, Getto, Ramat, Solmi e Bigi. Il pensiero di Leopardi: il percorso filosofico, la concezione della Natura, lo sviluppo del pessimismo, la teoria del piacere e l'elaborazione di una poesia filosofica Categoria: Filosofia Moderna. 1781. ch. Ricezione critica del pessimismo leopardiano, Vago, indefinito, doppia visione e rimembranza, Cfr. Nel dopoguerra si assiste ad un sostanziale rinnovamento degli studi leopardiani, grazie prevalentemente agli apporti della critica storicistico-marxiana, la quale mette in risalto l’ultimo L. (la produzione posteriore al ’30), sostenendo l’eccellenza del poeta impegnato e progressivo contro quello isolato e solitario dell’idillio. [158], La cosiddetta "doppia visione" in Leopardi consiste in una visione nella quale alla realtà percepita con i cinque sensi si affianca un'altra realtà, frutto dell'immaginazione. ; Leopardi gli risponde chiamandolo "pazza bestia del Tommaseo", con un epigramma e con l'ironica ottava strofa della. Letteratura italiana — Il pensiero di Leopardi: il percorso filosofico, la concezione della Natura, lo sviluppo del pessimismo e l'elaborazione di una poesia filosofica…. Inizialmente, Leopardi non veniva mai considerato un filosofo a causa della carenza di sistematicità, di coerenza e originalità nel suo pensiero. Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore ec. E credo che le armi del ridicolo, massime in questo ridicolissimo e freddissimo tempo, e anche per la loro natural forza, potranno giovare più di quelle della passione, dell'affetto, dell'immaginaz. di Bruno Biral (Torino, 1974), L. - Schizzi, studi e letture di Carlo Muscetta (Roma, 1976). Giacomo Leopardi è una delle figure letterarie più complesse da studiare ed esplorare, definito dai molti “il poeta dei giovani”, per via della sua personalità ricca di ombre e costantemente tesa verso l’infinito. dell'eloquenza; e anche più di quelle del ragionamento, benché oggi assai forti. [26][27], Approfondendo ulteriormente la riflessione sul dolore umano, Leopardi perviene al cosiddetto pessimismo cosmico, ovvero a quella concezione per cui, contrariamente alla sua posizione precedente, afferma che l'infelicità è legata alla stessa vita dell'uomo, destinato quindi a soffrire per tutta la durata della sua esistenza. Testo. [55], «Amaro e noia / La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.», Il critico tedesco Karl Vossler parla di una "religione del Nulla" a proposito del pessimismo di Leopardi, cioè di un atto di fede nel Nulla. Riassumere il pensiero di Giacomo Leopardi in pochi minuti sarebbe assolutamente impossibile. Non posso, non posso più della vita.». [131], Come nel Candido[132], anche in Leopardi gli esseri umani di ogni tempo e luogo non sono felici, anzi sono destinati a subire sia le disgrazie della natura sia quelle causate dalla società e dagli altri esseri umani, seppur Voltaire mantenga la fede nel progresso razionalista possibile. Secondo lui, la vera poesia è morta, dato che solo quella è frutto della fantasia degli antenati, e che oramai non rimane altro che replicare ad essa. Leopardi colloca l'unica felicità possibile della vita umana nell'adolescenza, carica di aspettative e illusioni riguardo l'età adulta da cui resteranno tuttavia disingannate, per concludere che il piacere non è uno stato duraturo, ma solo un passaggio transitorio dal dolore alla noia, come sostenuto nel Sabato del villaggio dove l'attesa della festa è destinata a spegnersi nella deludente domenica, o nella Quiete dopo la tempesta per il quale esso è «figlio d'affanno». [149] Lo stesso Harrison definisce Leopardi come «uno dei pensatori più originali e radicali del XIX secolo». Leopardi, pur costretto dalla censura pontificia e borbonica (nonché dal rispetto verso la sua religiosa famiglia, come emerge dalle lettere, in cui però mette in chiaro con il padre che pur non essendo lui irreligioso, non condivide per nulla le sue tesi cattoliche e reazionarie, pur rispettandole[81]), non mancherà di abiurare il cristianesimo (dopo il 1820-21, mentre prima è ancora presente il tentativo conflittuale di conciliare materialismo e ateismo con il cristianesimo, quasi in senso voltariano e rousseauiano[82]), criticare il clero[83] (le sue opere finiranno all'Indice dei libri proibiti), la teologia cristiana[84] in cui definisce Cristo - chiamandolo Platone per aggirare la censura pontificia - il più spietato dei carnefici dell'umanità[85], per aver creato, insieme ad altri, la paura della vita dopo la morte (da cui da piccolo il poeta aveva grande timore, a causa del fanatismo della madre)[14], anziché un aldilà senza pene e premi come l'Ade di Omero[3], caratterizzato da malinconica e rassegnata accettazione, approdando quindi a una sorta di ateismo (in forma principalmente pratica, più debole e parzialmente teorico, ma non forte come quello degli illuministi; o altresì definibile come un ateismo agnostico o metodologico, in cui l'ente supremo è la natura, in forma di quasi divinità materialistica, contestata dal poeta). La differenza verte però sulla speranza ultima cui l'uomo è destinato: se per Leopardi il ciclo esistenziale del mondo è destinato a risolversi in distruzione e morte, Manzoni riesce a non cadere in questo pessimismo "cosmico" grazie alla fiducia che pone nella Provvidenza divina. Già in una lettera del 1817 Leopardi sosteneva che «mia Madre è l'Italia, per la quale ardo d'amore, ringraziando il Cielo d'avermi fatto italiano»,[72] e così nel 1818, sconfortato dalla situazione politica: «o Patria, o Patria mia, non posso spargere il sangue per te, che non esisti più. 322-336, SBN IT\ICCU\RMS\2284106. Questo dio del Male («Re delle cose, autor del mondo, arcana / malvagità, sommo potere e somma / intelligenza, eterno / dator de' mali e reggitor del moto») è identificabile in Leopardi con il Destino o lo spietato Fato degli antichi, o la natura stessa, l'universo meccanicistico. Imperocché se dal vedere che le cose materiali crescono e diminuiscono e all'ultimo si dissolvono, conchiudesi che elle non sono per sé né ab eterno, ma incominciate e prodotte, per lo contrario quello che mai non cresce né scema e mai non perisce, si dovrà giudicare che mai non cominciasse e che non provenga da causa alcuna. «O forse erra dal vero,mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:forse in qual forma, in qualestato che sia, dentro covile o cuna,è funesto a chi nasce il dì natale.». [14], Nonostante Leopardi abbia trascorso l'infanzia condividendo l'esperienza felice del gioco con i suoi fratelli minori, ed in essa abbia dimostrato particolare vivacità e spensieratezza, le esperienze dell'adolescenza e della prima giovinezza lo conducono a pensare che la vita sia stata spietata con lui, ma che altri possono essere felici (pessimismo personale o soggettivo, detto anche pessimismo psicologico).